I Maneskin fanno flop con Iggy Pop

Dei Maneskin abbiamo parlato fino allo sfinimento e non è stato detto nulla di negativo, fino a che non hanno iniziato a giocare col fuoco. Prima di recensire la collaborazione con Iggy Pop (che lentamente si sta trasformando in una prugna secca) facciamo un breve ripasso degli ultimi mesi della band romana. Subito dopo la (meritata) vittoria all’Eurovision, i Maneskin sono diventati un fenomeno social con la conseguente esplosione di pagine fan ovunque, hanno lanciato il loro merchandising che è andato sold out in un solo giorno e si sono messi in viaggio per un tour promozionale nel Nord Europa partecipando a diverse trasmissioni televisive. Nel frattempo una loro cover di Beggin’, risalente al periodo di X Factor Italia, è diventata virale su Tik Tok, che da mesi detta le leggi della discografia mondiale, e sono piovuti migliaia video di E-Girl e

bell’imbusti palestrati che la canticchiano davanti a milioni di followers sbavanti. Arriva proprio dalla piattaforma cinese lo slancio per macinare una valanga di ascolti su Spotify e raggiungere l’ambita vetta della Top 50 mondiale con tanto di proiezione a Time Square. Apriti cielo; i giornali italiani ne parlano per giorni beatificandoli come angeli mandati dal Creatore a salvare il Rock a colpi di borchie, latex e succhi di frutta (si, sono astemi). Ma ora è arrivato il momento di analizzare il remix di “I Wanna Be Your Slave” con Iggy Pop. L’Iguana parte subito con la prima strofa cantata con una voce che sente il peso della Berlino dei “Bowie Days” e del marciume creativo che ha contraddistinto la sua carriera, ma purtroppo si capisce che è fuori forma e va troppo in contrasto con il flow sbiascicante mezzo Rock mezzo Moombathon di Damiano; in questo brano si confrontano l’eroina con una centrifuga di sedano, carote e zenzero e si cerca di farle stare bene insieme. Meglio la seconda parte del pezzo, quando le due voci si sovrappongono dando vita ad un contrasto generazionale interessante. Tirando le somme, questa versione poteva essere molto valida, ma arrangiata diversamente; non si può pretendere che Iggy Pop faccia il trend di Tik Tok come non ci si può immaginare Damiano, Ethan, Victoria e Thomas che si passano polverine strane che non siano cacao in polvere o farina manitoba biologica. Ci si aspettava una traccia decisamente più “marcia” con un bell’assolone di chitarra e qualche svarione jazzistico alla batteria che Ethan è assolutamente in grado di eseguire. Peccato; purtroppo i canoni del mercato non comprendono una cura così meticolosa dei lavori per cui è molto più efficace mandare la base strumentale in California nello studio di Iggy Pop e farci registrare sopra il remix, così la Maneskin s.p.a. spende poco e procura il contentino ai fan internazionali perchè tanto i soldi veri non si fanno con la musica, ma con Instagram e Tik Tok ma teniamo bene a mente che 500.000 followers non sono 500.000 dischi venduti.

Dei Maneskin abbiamo parlato fino allo sfinimento e non è stato detto nulla di negativo, fino a che non hanno iniziato a giocare col fuoco. Prima di recensire la collaborazione con Iggy Pop (che lentamente si sta trasformando in una prugna secca) facciamo un breve ripasso degli ultimi mesi della band romana. Subito dopo la (meritata) vittoria all’Eurovision, i Maneskin sono diventati un fenomeno social con la conseguente esplosione di pagine fan ovunque, hanno lanciato il loro merchandising che è andato sold out in un solo giorno e si sono messi in viaggio per un tour promozionale nel Nord Europa partecipando a diverse trasmissioni televisive. Nel frattempo una loro cover di Beggin’, risalente al periodo di X Factor Italia, è diventata virale su Tik Tok, che da mesi detta le leggi della discografia mondiale, e sono piovuti migliaia video di E-Girl e bell’imbusti palestrati che la canticchiano davanti a milioni di followers sbavanti. Arriva proprio dalla piattaforma cinese lo slancio per macinare una valanga di ascolti su Spotify e raggiungere l’ambita vetta della Top 50 mondiale con tanto di proiezione a Time Square. Apriti cielo; i giornali italiani ne parlano per giorni beatificandoli come angeli mandati dal Creatore a salvare il Rock a colpi di borchie, latex e succhi di frutta (si, sono astemi). Ma ora è arrivato il momento di analizzare il remix di “I Wanna Be Your Slave” con Iggy Pop. L’Iguana parte subito con la prima strofa cantata con una voce che sente il peso della Berlino dei “Bowie Days” e del marciume creativo che ha contraddistinto la sua carriera, ma purtroppo si capisce che è fuori forma e va troppo in contrasto con il flow sbiascicante mezzo Rock mezzo Moombathon di Damiano; in questo brano si confrontano l’eroina con una centrifuga di sedano, carote e zenzero e si cerca di farle stare bene insieme. Meglio la seconda parte del pezzo, quando le due voci si sovrappongono dando vita ad un contrasto generazionale interessante. Tirando le somme, questa versione poteva essere molto valida, ma arrangiata diversamente; non si può pretendere che Iggy Pop faccia il trend di Tik Tok come non ci si può immaginare Damiano, Ethan, Victoria e Thomas che si passano polverine strane che non siano cacao in polvere o farina manitoba biologica. Ci si aspettava una traccia decisamente più “marcia” con un bell’assolone di chitarra e qualche svarione jazzistico alla batteria che Ethan è assolutamente in grado di eseguire. Peccato; purtroppo i canoni del mercato non comprendono una cura così meticolosa dei lavori per cui è molto più efficace mandare la base strumentale in California nello studio di Iggy Pop e farci registrare sopra il remix, così la Maneskin s.p.a. spende poco e procura il contentino ai fan internazionali perchè tanto i soldi veri non si fanno con la musica, ma con Instagram e Tik Tok ma teniamo bene a mente che 500.000 followers non sono 500.000 dischi venduti.

Articolo e recensione a cura di Mirko Merlino